lunedì 5 novembre 2007

Oggi parliamo di Dislessia

Quando sentite parlare di disturbi dell’apprendimento, classificati come DSA, sappiate che si sta parlando di:
  • dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia. Molto spesso si parla esclusivamente di dislessia in quanto più diffusa e più studiata. La dislessia si manifesta, in modo più palese, in 3^/4^ elementare, quando la lettura dovrebbe essere automatica e finalizzata alla comprensione del testo: se il bambino è troppo impegnato nell’operazione di lettura non riesce a comprendere bene i contenuti di quanto sta leggendo. Generalmente alla dislessia sono associate la disgrafia (corpo di scrittura non chiaro) e, a seguire, la disortografia (errori ortografici) e, a volte, la discalculia (difficoltà di calcolo). E’ difficile stabilire le cause di questo tipo di disturbi in modo chiaro e puntuale. Questi disturbi, infatti, sono caratterizzati da alterazioni fonologiche, ovvero difficoltà di acquisizione dei suoni, ma non sono causati da disagi psicologici, anche se, nel momento in cui i disturbi non sono compresi come tali, possono dare origine a problemi psicologici (primo tra i quali la carenza di autostima seguita spesso da problemi di socializzazione in classe e in tutti i contesti sociali). Per parlare di un vero disturbo di lettura, quindi di dislessia, si devono prima escludere come cause le inibizioni affettive, eventuali traumi subiti, le deprivazioni culturali, uno scarso livello intellettivo che potrebbe creare problematiche nella corretta acquisizione della letto-scrittura, disturbi di origine organica che non permettano la totale percezione degli stimoli. In tal caso risolvendo questa tipologia di disturbi automaticamente il disturbo di lettura associato si risolverebbe a sua volta. La dislessia non è una malattia, quindi non si cura, ma si corregge attraverso una corretta strategia didattica, tradizionale e multimediale, e l’eventuale ausilio di un logopedista. Ogni dislessico ha un suo profilo, di conseguenza, le strategie suddette devono essere personalizzate e mirate all’individuo in questione. Cosa fare in un sospetto caso di dislessia, da parte di insegnanti e genitori:
  • 2. consigliare una consulenza pedagogica specialistica tempestiva
  • 2. coordinare modalità di approccio condivise tra operatori sanitari, la famiglia e la scuola
  • 3. incoraggiare sempre il bambino e non confrontare mai il suo operato ed i suoi risultati con quelli dei compagni
  • 4. non assegnargli incarichi troppo onerosi o fuori dalla sua portata
  • 5. concedergli più tempo per rispondere, per leggere e per scrivere
  • 6. mettere in evidenza le altre capacità che possiede
  • 7. concedergli molta attenzione e infondergli fiducia in se stesso e nelle sue capacità
  • 8. non metterlo in imbarazzo davanti alla classe, evitare definizioni come “lento, pigro”.

Un valido aiuto può essere quello tecnologico.. Il computer può essere utilizzato come ausilio anche nelle difficoltà specifiche di apprendimento. Ricordando che la lettura e la scrittura sono dei mezzi per raggiungere conoscenze per comunicare ed esprimersi, se vi sono difficoltà in tal senso, le tecnologie possono aiutarci (come insegnanti e come persone in difficoltà) nel trovare percorsi alternativi di apprendimento. Senza cercare particolari software, che spesso sono troppo specifici e costosi, possiamo inventarci e crearci, con i semplici software più comuni oggi in commercio come Word, Power point etc., dei validi supporti che integrino quanto studiato o progettato come didattica differenziata. Ma se un bambino è dislessico o disgrafico cosa possiamo fare con le tecnologie? Possiamo farlo scrivere con una tastiera la quale consente la selezione diretta delle lettere, senza costringere a ricercare nella memoria la forma giusta da attribuire ad un suono, possiamo consentire l’utilizzo di un registratore come alternativa al prendere appunti in classe, possiamo far utilizzare un word processor (ad es. Microsoft word) che comprenda la correzione ortografica (attenzione ad escludere la correzione immediata del testo e correggere solo al termine il compito, perché potrebbe rivelarsi frustrante vedersi sottolineare quanto si è prodotto con fatica) e molto altro ancora.

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