mercoledì 30 aprile 2008

LA BALBUZIE INFANTILE

Il linguaggio si sviluppa nell’uomo già dal primo vagito per poi progredire rapidamente per tutta la lunga fase dell’infanzia. Tutta la ricchezza di stimoli che circondano il bambino, il desiderio di esplorazione e la curiosità normale si traducono nel desiderio di chiedere, domandare e, di conseguenza, comunicare. Tale forma di comunicazione può diventare incessante e talvolta maggiore delle reali abilità comunicative.
In questo panorama potrebbe “affacciarsi” la balbuzie che fa parte di quella categoria definita "disturbo del linguaggio".
Il problema scaturisce dalla difficoltà del bambino di individuare rapidamente le parole corrette per manifestare i concetti che si accavallano nella sua mente e che vuole comunicare, la difficoltà è nel fatto che la velocità con la quale corrono i suoi pensieri è di gran lunga superiore rispetto alla sua capacità di esprimerli a parole. Questa difficoltà si presenta, anche, per la nascita di un fratellino, per problemi tra genitori, per separazioni o per lutti in famiglia.
Questo fenomeno, che rientra nella tipologia di balbuzie primaria (apparente e transitoria, caratterizzata da fisiologiche e normali disfluenze, intermittenti esitazioni, ripetizioni sillabiche), tende a risolversi spontaneamente (generalmente nel giro di qualche mese), infatti il disturbo di linguaggio dei 3-5 anni è molto diverso da quello che si presenta in età scolare (dove è bene intervenire con un aiuto logopedico con professionisti competenti nella balbuzie), e ancora diverso da quello dell'età adulta.
I genitori non sono mai preparati a questo evento perchè inizia all'improvviso, ma si può sicuramente seguire queste linee guida:
- non interrompere il discorso del piccolo chiedendogli di ripetere ciò che dice in modo non corretto per evitare di metterlo in imbarazzo;
- non sostituirsi al bambino nel completare la frase o la parola
- non dirgli di calmarsi altrimenti l'ansia aumenta
- non perdere la pazienza e non sgridarlo per gli errori perchè non è colpevole
- non mostrarsi altresì divertiti poichè questo non sarebbe di stimolo per il bambino a correggersi
In sostanza, quindi, armarsi di "santa pazienza", ascoltare il bambino senza trasmettergli nessuna emozione negativa di disagio e/o di fastidio, articolare bene le parole quando ci si rivolge al bambino in modo che, ascoltando il suono delle parole, possa ripeterle correggendosi da solo.
Esclusivamente con l'età scolare si puo' prendere, qualora il disturbo persistesse, in considerazione l'intervento di un logopedista. Infatti prima dell'età scolare, può essere ridotto ad un fenomeno molto comune, specialmente nei maschietti (colpisce il 3% dei bambini, in particolare maschi).

martedì 1 aprile 2008

Internet…che paura!!!

Spesso tra gli adulti, e ancora più spesso tra genitori, si alza un grido di terrore che evoca il lupo cattivo riguardo a ciò che Internet può rappresentare.
Internet non è solo una rete, ma è la piazza globale del nostro vivere; è presente nella nostra società ormai da tempo e fingere che non esista non aiuta, anzi sicuramente è utile conoscerla per dare indicazioni ai propri figli o alunni sui pericoli “potenziali” che possono nascondersi in essa. Ormai da tempo, nei programmi scolastici e negli intenti del Ministero della Pubblica Istruzione italiana, vi è l’orecchio e la mente protesa verso le ICT e tutto ciò che esse comportano. Parliamo di ICT, cioè di Information e Communication Technology perché parliamo di ciò in cui viviamo e di ciò che oggi noi siamo.
Un bimbo oggi è talmente immerso nella tecnologia che può risultare assurdo, oltre che diseducativo, cercare di evitare Internet.
Un esempio di tecnologia? Tutto….
Dai lettori dvd, che spesso sin da piccoli provano a manovrare, al telefonino di mamma e papà, i nostri bambini ci vedono utilizzare bancomat e carte di credito, battere con le dita su di una tastiera, già dai primi mesi di vita, “ i bambini di oggi sono nativi digitali(1)” cioè nascono immersi nelle tecnologie e sviluppano precocemente competenza e dimestichezza con esse, molto più di noi adulti (in parte immigrati digitali(1))
Ciò non vuol dire che non esistano pericoli nella Rete…ma ne esistono come per la strada, come nella realtà quotidiana e forse molto meno rispetto a ciò che la realtà presenta e che viviamo…Sono nata nell’era della televisione e anche allora si urlava al pericolo che essa poteva portare nella crescita e nello sviluppo dell’individuo…il pericolo più grande delle tecnologie oggi è che spesso vengono utilizzate come “tate” per i nostri piccoli…Un computer, una televisione, un cellulare, sono il frutto dell’evoluzione umana, nascondono pericoli ma infinite possibilità di crescita …sta all’adulto cercare di integrarle nella formazione di ogni essere in divenire…Partiamo dal presupposto che la televisione non è solo spazzatura, internet non è solo pedofilia…..Impariamo che nella realtà virtuale si miscela la realtà vera e che il fatto di essere online non ci da garanzie su chi c’è dall’altra parte, di conseguenza è importante sviluppare la criticità nell’utilizzo.
Stabiliamo regole come:
- siti in cui è meglio non andare (installare software che pongano dei filtri sui siti off limits),
- il computer non deve stare nella camera dei ragazzi ma in un luogo di libero accesso per tutta la famiglia ,
- tempi da trascorrere sul pc,
- quanti e quali attività sociali devono essere all’aria aperta e non sul computer
- sviluppare altri interessi perché a volte è la mancanza di stimoli o l’obbligo a stare in casa che porta i giovani a focalizzarsi su tv, chat, internet etc.

Rimbocchiamoci le maniche…. Iniziamo a visitare siti per adulti e genitori che vogliono imparare cosa è la Rete, come difendersi e come utilizzarla; una volta assunte alcune conoscenze di base, valutiamo i siti utili e adatti per i nostri figli o i nostri studenti.





(1) “eLearning – Capire, progettare, comunicare” L.Cantoni, L.Botturi, C. Succi New MinE Lab edizione Franco Angeli.




Sitografia

http://www.ti6connesso.it/
http://ilwebperamico.it/

http://www.futuroalfemminile.it/progetto/nel_quotidiano/Corsi_di_informatica/corsi_milano.kl (partecipa ad un corso su Internet o impariamo ad utilizzare word--- Milano)

http://www.italia.gov.it/chihapauradellarete/navigatori/index.html
(comprendi cosa è internet e i suoi pericoli---come farlo capire ai bambini, ai genitori ai ragazzi)

http://www.easy4.it/
sito ufficiale della campagna EASY, mette a disposizione, informazioni, risorse e consigli pratici per aiutare adulti, ragazzi e ragazze ad utilizzare internet e cellulari in modo consapevole e responsabile

lunedì 3 marzo 2008

TOGLIAMO IL CIUCCIO!

Non è insolito vedere bambini di 2 anni con il ciuccio. Nonostante i genitori stessi vorrebbero vedere il bambino privato di quell’oggetto che, ai loro occhi, lo rende ancora piccino.
In realtà l’allontanamento del ciuccio non è un passo facile da prendere alla leggera, così come quello di togliere il pannolino, infatti il bambino viene privato di una sicurezza e, quindi, si potrebbe andare incontro a varie reazioni che andranno via via comprese e, di conseguenza, gestite. Il ciuccio per il bambino non rappresenta solo un oggetto, ma diventa un modo di trovare sicurezza nei momenti critici della vita ed è per questo che è così difficile disfarsene. Solitamente, quando il bambino inizia ad acquistare sicurezza, intorno ai tre anni, abbandona da solo il ciuccio, ma, nei casi, purtroppo non rari, in cui bambini di 6-7 anni usano ancora il ciuccio, il genitore deve assolutamente intervenire. Nonostante il ciuccio abbia una valenza emozionale importante per il bambino va ricordato che, qualora il ciuccio venga lasciato al bambino ogni giorno e per diverse ore, può provocare problemi all'arcata dentale (denti sporgenti, sia per quanto riguarda l'arcata dentaria superiore che quella inferiore) e al palato, soprattutto dai tre anni in su quando si ha l'eruzione di tutti i denti, quindi è bene non esagerare con il suo utilizzo. Inoltre l'abbandono del ciuccio è uno dei primi grandi passi per fargli acquistare la sicurezza che lo accompagnerà durante la sua vita.

Chiaramente togliere il ciuccio al bambino non è facile. Il genitore potrebbe trovarsi davanti a comportamenti regressivi (fare pipì a letto, rifiutarsi di mangiare da solo) per dimostrare che è ancora piccolo e ha bisogno del ciuccio.

Ma come rendere meno indolore possibile questo momento? In primo luogo si deve cercare di spostare l'attenzione dei piccoli verso altri oggetti o attività che con il ciuccio non possano fare (es. farli cantare). Il metodo più efficace per convincere i piccoli ad abbandonare ciuccio rimane quella di iniziare la separazione con poche ore al giorno e poi aumentare gradualmente. Se il momento più delicato riguarda la notte è utile distrarlo attirando la sua attenzione con un peluche o con qualche dimostrazione affettiva in più, purchè tutto avvenga quando è sveglio in modo che possa essere consapevole del progetto di cambiamento.
Evitare sia le tecniche cruente (togliere il ciuccio all’improvviso, farlo sparire e far piangere il bambino) e le scuse banali tipo "l'ha preso il gatto o il cane", perché i nostri bambini sanno bene che non si è mai visto un animale con il ciuccio.

E’ importante che i genitori, nel momento in cui decidono di togliere il ciuccio al bambino, lo facciano in modo coerente e fermo, altrimenti, davanti ad un comportamento incongruente il bambino potrebbe rimanere disorientato.
Ritornare sulla decisione potrebbe essere importante soltanto se il bambino dovesse attraversare periodi di forte stress, ma, a questo punto, diventerebbe auspicabile rivolgersi al pediatra per comprendere la causa dell’ansia. Per quanto difficile è importante non perdere la pazienza nel fargli capire che è diventato grande, facendo avvenire questo cambiamento nella massima tranquillità, senza imposizioni. Importantissimo è stare molto attenti a che il pollice non sostituisca il ciuccio, in quanto questa abitudine è molto deleteria e più difficile da eliminare.

lunedì 4 febbraio 2008

L’ALIMENTAZIONE NEL PRIMO ANNO DI VITA

Dopo una certa età un’alimentazione di solo latte, per un bambino, non è più sufficiente a fornire un completo apporto nutritivo per una crescita sana. Su questo assunto il “divezzamento o svezzamento” diventa una tappa fondamentale del percorso alimentare del bambino nella prima infanzia.
Il nuovo tipo di alimentazione che si offre al bambino va di pari passo con una nuova significativa tappa nella crescita del bambino verso l’autonomia.
Da un lato, infatti, l’alimentazione con cibo solido, non rappresentando più esclusivamente un esercizio di deglutizione, richiede la partecipazione consapevole del proprio corpo (dal collo alla coordinazione oculo-manuale) che può avvenire solo attraverso nuove competenze neuromuscolari. Dall’altro la nuova capacità del bimbo di esprimere fame, sazietà e piacere avviene attraverso l’espressione di nuovi comportamenti che i genitori devono imparare a comprendere dando luogo, quindi, alla costruzione di un nuovo rapporto tra essi ed il bambino utile a favorire lo sviluppo di componenti psicologiche e relazionali.
Da un punto di vista nozionistico il “divezzamento/svezzamento” è il periodo durante il quale si passa da un’alimentazione di latte materno o formulato alla graduale introduzione di alimenti sottoposti ad una preparazione adeguata fino a quella dell’adulto. E’ bene ricordare, però, che non si deve interrompere automaticamente l’assunzione di latte da parte del bambino in quanto esso continua a rimanere un alimento denso di calorie e proteine a lui necessarie.
Di conseguenza se la mamma allatta il cibo solido può sostituire una poppata ma per il resto è bene mantenere il ritmo dell’allattamento al seno. Auspicabile sarebbe iniziare ad affiancare i due tipi di alimentazione in modo graduale.
Ma quando si deve iniziare lo svezzamento?
Le linee guida fornite da OMS ed UE riportano come periodo adeguato quello del 6° mese compiuto (180 giorni) come il migliore per l’introduzione di cibi diversi dal latte. Compiuto tale mese, di solito, il bambino può alimentarsi con cibi solidi o semisolidi con un basso rischio di intolleranze verso parecchi alimenti.
Rimane sempre il fatto che i genitori vanno, comunque, stimolati ad individuare in modo autonomo il periodo migliore per tale iniziativa in quanto non c’e’ miglior pediatra del genitore.
Riguardo le modalità di preparazione/somministrazione del cibo sarebbe opportuno evitare indicazioni rigide in quanto vanno sempre considerati i ritmi di tradizioni ed abitudini alimentari osservati dalla famiglia e le preferenze del bambino. Inoltre i genitori potrebbero insistere a forzare il bambino a mangiare una determinata quantità di cibo anche se è sazio e, anche, di osservare correttamente i segnali comportamentali del bambino (vero indicatore della adeguatezza qualitativa e quantitativa del cibo offerto).

In ogni caso è utile considerare i seguenti punti:

o la frutta è a tutti gli effetti un alimento e come tale rappresentare già una forma iniziale di svezzamento/divezzamento e, a livello nutritivo, non può sostituire una poppata
o se il bambino non deglutisce in maniera efficace il cibo viene spinto in avanti dalla lingua piuttosto che indietro: i genitori non informati potrebbero interpretare questo comportamento come un rifiuto del cibo o addirittura come una forma di intolleranza alimentare
o il sale altera il gusto del cibo e potrebbe ripercuotersi sul momento del pasto fornendo condizionamenti al bambino; lo zucchero altrettanto e, in più, potrebbe causare carie
o è sempre auspicabile l’introduzione graduale di nuovi alimenti (minimo 2 settimane) al fine di abituare il lattante a nuovi gusti, sia per eventuali intolleranze.
o è controproducente insistere nel forzare il bambino ad accettare un determinato alimento, infatti se al momento non è gradito, potrebbe diventarlo un altro giorno ed insistendo diminuiscono le probabilità che ciò accada.
o cibi ad alto contenuto calorico non forniscono al bambino un’adeguata nutrizione ma possono, al contrario, far insorgere problemi di obesità più avanti.
o occorre sempre rispettare l’appetito del bambino, cercando di interpretare il suo comportamento.
o evitare di somministrare il cibo semisolido con il biberon per evitare sia che il bambino non mparari a mangiare da solo, sia per non provocare confusione tra l’azione del deglutire e quella del succhiare. Chi non è in grado di mangiare con il cucchiaino, non è pronto per lo svezzamento.
o non è fondamentale iniziare con un determinato alimento piuttosto che con un altro. Un genitore può decidere autonomamente la sequenza degli alimenti da inserire, purchè vari gli alimenti per avere una corretta distribuzione di carboidrati, proteine e lipidi
o è importante lasciar toccare il cibo al bambino, sia attraverso le mani che con il cucchiaino, così come è bene incentivare l’uso del bicchiere e della tazza
o per seguire il detto “anche l’occhio vuole la sua parte” è bene che la pappa abbia colore, odore e sapore gradevole e stimolante. Variare il menù favorisce, inoltre, l’educazione al gusto.


FONTI

Commissione Europea di Salute Pubblica. Protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno in Europa: un Programma d’Azione, 2004


Ministero della salute. Dipartimento della Prevenzione e Comunicazione “Quando nasce un bambino”. 2005

C. Gonzales Il mio bambino non mi mangia Bonomi Editore, 2003

Curran JS, Barness LA. Alimentazione del neonato e del bambino. In: Nelson Trattato di Pediatria XVI ed., 2002, Torino