Dopo una certa età un’alimentazione di solo latte, per un bambino, non è più sufficiente a fornire un completo apporto nutritivo per una crescita sana. Su questo assunto il “divezzamento o svezzamento” diventa una tappa fondamentale del percorso alimentare del bambino nella prima infanzia.
Il nuovo tipo di alimentazione che si offre al bambino va di pari passo con una nuova significativa tappa nella crescita del bambino verso l’autonomia.
Da un lato, infatti, l’alimentazione con cibo solido, non rappresentando più esclusivamente un esercizio di deglutizione, richiede la partecipazione consapevole del proprio corpo (dal collo alla coordinazione oculo-manuale) che può avvenire solo attraverso nuove competenze neuromuscolari. Dall’altro la nuova capacità del bimbo di esprimere fame, sazietà e piacere avviene attraverso l’espressione di nuovi comportamenti che i genitori devono imparare a comprendere dando luogo, quindi, alla costruzione di un nuovo rapporto tra essi ed il bambino utile a favorire lo sviluppo di componenti psicologiche e relazionali.
Da un punto di vista nozionistico il “divezzamento/svezzamento” è il periodo durante il quale si passa da un’alimentazione di latte materno o formulato alla graduale introduzione di alimenti sottoposti ad una preparazione adeguata fino a quella dell’adulto. E’ bene ricordare, però, che non si deve interrompere automaticamente l’assunzione di latte da parte del bambino in quanto esso continua a rimanere un alimento denso di calorie e proteine a lui necessarie.
Di conseguenza se la mamma allatta il cibo solido può sostituire una poppata ma per il resto è bene mantenere il ritmo dell’allattamento al seno. Auspicabile sarebbe iniziare ad affiancare i due tipi di alimentazione in modo graduale.
Ma quando si deve iniziare lo svezzamento?
Le linee guida fornite da OMS ed UE riportano come periodo adeguato quello del 6° mese compiuto (180 giorni) come il migliore per l’introduzione di cibi diversi dal latte. Compiuto tale mese, di solito, il bambino può alimentarsi con cibi solidi o semisolidi con un basso rischio di intolleranze verso parecchi alimenti.
Rimane sempre il fatto che i genitori vanno, comunque, stimolati ad individuare in modo autonomo il periodo migliore per tale iniziativa in quanto non c’e’ miglior pediatra del genitore.
Riguardo le modalità di preparazione/somministrazione del cibo sarebbe opportuno evitare indicazioni rigide in quanto vanno sempre considerati i ritmi di tradizioni ed abitudini alimentari osservati dalla famiglia e le preferenze del bambino. Inoltre i genitori potrebbero insistere a forzare il bambino a mangiare una determinata quantità di cibo anche se è sazio e, anche, di osservare correttamente i segnali comportamentali del bambino (vero indicatore della adeguatezza qualitativa e quantitativa del cibo offerto).
In ogni caso è utile considerare i seguenti punti:
o la frutta è a tutti gli effetti un alimento e come tale rappresentare già una forma iniziale di svezzamento/divezzamento e, a livello nutritivo, non può sostituire una poppata
o se il bambino non deglutisce in maniera efficace il cibo viene spinto in avanti dalla lingua piuttosto che indietro: i genitori non informati potrebbero interpretare questo comportamento come un rifiuto del cibo o addirittura come una forma di intolleranza alimentare
o il sale altera il gusto del cibo e potrebbe ripercuotersi sul momento del pasto fornendo condizionamenti al bambino; lo zucchero altrettanto e, in più, potrebbe causare carie
o è sempre auspicabile l’introduzione graduale di nuovi alimenti (minimo 2 settimane) al fine di abituare il lattante a nuovi gusti, sia per eventuali intolleranze.
o è controproducente insistere nel forzare il bambino ad accettare un determinato alimento, infatti se al momento non è gradito, potrebbe diventarlo un altro giorno ed insistendo diminuiscono le probabilità che ciò accada.
o cibi ad alto contenuto calorico non forniscono al bambino un’adeguata nutrizione ma possono, al contrario, far insorgere problemi di obesità più avanti.
o occorre sempre rispettare l’appetito del bambino, cercando di interpretare il suo comportamento.
o evitare di somministrare il cibo semisolido con il biberon per evitare sia che il bambino non mparari a mangiare da solo, sia per non provocare confusione tra l’azione del deglutire e quella del succhiare. Chi non è in grado di mangiare con il cucchiaino, non è pronto per lo svezzamento.
o non è fondamentale iniziare con un determinato alimento piuttosto che con un altro. Un genitore può decidere autonomamente la sequenza degli alimenti da inserire, purchè vari gli alimenti per avere una corretta distribuzione di carboidrati, proteine e lipidi
o è importante lasciar toccare il cibo al bambino, sia attraverso le mani che con il cucchiaino, così come è bene incentivare l’uso del bicchiere e della tazza
o per seguire il detto “anche l’occhio vuole la sua parte” è bene che la pappa abbia colore, odore e sapore gradevole e stimolante. Variare il menù favorisce, inoltre, l’educazione al gusto.
FONTI
Commissione Europea di Salute Pubblica. Protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno in Europa: un Programma d’Azione, 2004
Ministero della salute. Dipartimento della Prevenzione e Comunicazione “Quando nasce un bambino”. 2005
C. Gonzales Il mio bambino non mi mangia Bonomi Editore, 2003
Curran JS, Barness LA. Alimentazione del neonato e del bambino. In: Nelson Trattato di Pediatria XVI ed., 2002, Torino
ALIMENTAZIONE DIGITALE
6 anni fa
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